mercoledì 24 ottobre 2012

Una rilettura psicologica di Willard


50 - Willard il paranoico (ottobre 2012)



Willard vive una vita frustrata, costretto a badare all'anziana madre dai modi non proprio teneri ed orfano del padre che gli ha lasciato la casa in cui vive ed un posto (triste) nell'azienda da lui fondata, molti anni prima, ed ora gestita da un individuo abietto e meschino (il solito, quasi autocelebrativo R. Lee Ermey) che si prende gioco e profitto di lui e delle sue sventure.

E' l'abitazione, sinistra e dalle sfumature gotiche, ad assurgere al ruolo materno per Willard; rappresenta quella natura protettiva mancante da parte della genitrice e allo stesso tempo l'unico vero legame che gli resta con il compianto padre.
E' qui, più precisamente nel vecchio scantinato, che Willard farà l'incontro con topi e ratti, e dal tentativo di combatterli sorgerà invece una grottesca ed improbabile alleanza, per vendicare i torti subiti.

Remake dell'horror anni '70 "Willard e i topi", questo film porta un contributo più che sufficiente al genere che intende omaggiare (ed attualizzare).
Per quanto la trama non sia esattamente delle più sottili ed originali (ma d'altra parte è un remake), e i ritmi siano tutt'altro che forsennati, va però detto che la ricostruzione di scena, i colori scuri della fotografia, le musiche simil-dark e la compostezza stilistica della regia sono decisamente funzionali allo sviluppo di un soggetto che in mani diverse potrebbe rischiare di risolversi nel comico involontario.

Invece i silenzi ragionati e la notevole espressività di Crispin Glover donano al film una dimensione più grande. La personalità del protagonista, fortemente caricaturata, è frutto di un'introspezione psicologica ottimamente riuscita, tutta basata sull'esasperazione dei conflitti irrisolti, degli insuccessi e della vacuità degli appigli a cui Willard si aggrappa (la tenera amicizia che nasce con il topo) per ridurre al minimo la sua infelicità.
Attraverso un climax inevitabile, la vendetta sarà terribile, ma non priva di conseguenze ed inevitabili riflessioni finali sulla follia che molto deve alla letteratura dell'orrore principalmente esposta da Poe e Lovecraft.

Se infatti è innegabile che i roditori che accompagnano Willard si guadagnino l'attenzione dello spettatore, il vero viaggio - quello all'interno della mente di Willard - avviene ad un livello più occulto e fa leva su quelli che sono gli elementi nativi e primigeni della narrativa popolare di genere.
Perché, agli occhi è concesso di abituarsi alle peggiori e nefande visioni, ma ciò con cui la mente, nella sua infinita ed inesplorata vastità, può venire ad interagire conduce all'abisso in cui ciascuno di noi è, singolarmente, destinato a smarrirsi, risvegliando echi del passato di cui non si aveva percezione.


Scena scelta