giovedì 27 febbraio 2014

Captain Phillips


72 - Captain Phillips (febbraio 2014)




La storia vera della Maersk Alabama, capitanata da Richard Phillips, che nell'aprile del 2009 fu presa d'assalto e dirottata ad opera di pirati Somali al largo del corno d'Africa, a sua volta trasposta sul grande schermo da Paul Greengrass e sceneggiata sulla base dell'autobiografia dello stesso Phillips "Il dovere di un capitano".

È la messa in scena degli eventi, con l'eroe Phillips (Tom Hanks) che spicca, per coraggio, astuzia e grande senso di responsabilità per la protezione del proprio equipaggio sulle feroci e disperate umanità dei suoi rapitori, con l'oceano a fare da sfondo a quello che è, in buona sostanza, la narrazione di un salvataggio.

Greengrass si prende qualche momento per fare il punto della situazione, tenta quantomeno - in modo impacciato - di contemplare i punti di vista in gioco, e poi preme a tavoletta sull'acceleratore per più di un'ora e mezza con un'intensità e ritmi mai visti che hanno il compito di far impennare la suspence. Con buon successo. Peccato solo perda di vista l'occasione di dare un significato all'insieme.

Si tratta infatti di un buon film d'intrattenimento (e assolutamente niente di più) che non si può dire fallisca nel suo intento primario; riesce ad imporsi subito con grande enfasi, frenesia, con il tempo che sembra volare mentre la situazione si evolve.
La regia è concitata, la fotografia efficace. L'alta tensione è portata in dote dall'elettricità dei suoi personaggi, ma è innegabilmente ben reso il contrasto psicologico fra l'agitazione e l'inquietudine degli uni e la calma ordinata dell'altro, maschera portata su di un volto probabilmente terrorizzato.


Però è un film che solleva tante riserve sulla sostanza: c'è il virtuosismo tecnico fine a se stesso, c'è l'interpretazione sopra le righe stampata a lettere cubitali nel melodramma dell'eroe che non perde mai la sua integrità, c'è in addizione il solito bagaglio di retorica che davvero non può mai mancare in storie come questa, la descrizione bidimensionale dei personaggi, lo sfoggio virile del grande arsenale militare americano a suggello della rassicurante opera di celebrazione di potere Americano.
E c'è il ritorno a casa.

Sarebbe ingeneroso accusare il film di essere un'Americanata nel senso più acre del termine. Ma si può senz'altro azzardare che se negli oltre 120 minuti di adrenalina di film, condensati in modo tale da portare allo sfinimento nervoso lo spettatore, anch'esso partecipe delle disavventure del suo paladino, il film avesse in qualche modo ottenuto di dedicare più di tre o quattro battute e qualche sottigliezza all'approfondimento della questione e alle condizioni inumane del popolo Somalo, alle vere motivazioni delle azioni dei pirati, comprese le implicazioni e le ripercussioni sul piano socio-economico legate alla guerra civile degli anni '90, allora avrebbe probabilmente restituito un film più sincero, più attento, e permesso al suo pubblico di prendere una posizione più consapevole e approfondita su un tema che, sicuramente, non merita di essere trattato con superficialità.

Non che del resto il film voglia essere smaccatamente patriottico (solo quel tanto che basta per alleviare i sensi di colpa nel guardarsi allo specchio) però sicuramente si fa prendere la mano e porta a casa un risultato tutto sommato fra i più prevedibili della storia del cinema, spingendo sul sano ottimismo americano che ce la fa sempre, e con un Tom Hanks che, sì, prova ad uscire dai ranghi del suo classico canovaccio ma che non convince mai del tutto, probabilmente perché la parte del bravo cittadino americano gli è cucita addosso alla perfezione.

Senza badare al contesto e a tutto quello che può dar fastidio accendendo il cervello, invece, buonissimo thriller (nel suo genere).


Scena scelta










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