giovedì 21 febbraio 2019

A Star is born

137 - A Star is born (febbraio 2019)





Come nella più classica formula hollywoodiana, Ally è una ragazza di talento della provincia americana che ha passato gran parte della sua vita a vivere ad occhi aperti il sogno di diventare famosa e far conoscere la sua voce, ha un lavoro che detesta e trova nell'esibizione in un locale per cabaret quel tiepido conforto che manda avanti la sua routine piccolo-borghese, mentre il padre la riempie di illusioni e non fa che ostentare aneddoti di quando, forse, avrebbe potuto sfondare.

Dalla silenziosa e timida creatura incapace di dare seguito ai suoi desideri più nascosti diventa la stella (del titolo) che Jackson Maine, noto musicista rock, alimenta con il suo peso nell'ambiente e con l'affetto che ben presto comincia a provare per la ragazza, ricambiato.

L'inevitabilità di quello che accade dopo l'iniziale idillio romantico-sentimentale di questo film, passando per tutte le rigorose tappe dell'American Dream, fino ai risvolti on-the-road che astraggono il percorso di crescita e le derive enfatiche e melodrammatiche dell'ultima parte della sceneggiatura sta tutta racchiusa nel metariferimento che è subito evidente riflettendo sulla scelta di Lady Gaga nel ruolo della protagonista, alle ovvie note autobiografiche che le permettono una tale naturalezza, e al sentimento che attraversa tutta le pellicola e che sembra aleggiare su ogni scena diretta (per la prima volta dietro e davanti la macchina da presa) da Bradley Cooper.

Cooper che, sebbene non sia al momento il più geniale o sofisticato dei registi, è abbastanza intelligente e sa abbastanza di recitazione da comprendere l'importanza della dinamica in un film: parte accentrando su di sé l'attenzione, come in un monologo, che diventa poi un duetto per poi fare gradualmente, sottilmente, scomparire la propria figura e permettere al talento trasversale di Lady Gaga di prendersi il palcoscenico che in realtà è sempre stato suo dall'inizio.

A sorprendere, e non poco, nell'ambito del sottotesto prescelto (L. Gaga che recita provenendo dall'ambiente musicale; Cooper che suona e canta e dopo aver agito di sottrazione recitativa pian piano si eclissa pur essendo abituato a ruoli importanti in film notevoli) è soprattutto il fatto di trovare questa forza magnetica proprio nei punti in cui era lecito non attendersela. La chimica fra i due è indiscussa e le performance sono tanto buone da far dimenticare una trama piuttosto piatta, scelte frettolose e non proprio originali, svolte narrative a tratti forzate o per niente realistiche, o l'invasività della musica (pur tenendo conto che si tratta di un film musicale) per dire qualunque cosa di potente. Il film gioca con il concetto di destino, altra chiave di lettura del film, e pone interrogativi più o meno chiari allo spettatore, dietro ai quali c'è però più mestiere che immediatezza, più regolarità che non lo stimolo intellettuale di comprendere a fondo le azioni dei personaggi.

Per quanto sia questo un film a cui è facile arrendersi, e credere, capace di buoni sentimenti e facili emozioni, resta anche vero che i personaggi sono piuttosto piatti ed anziché evolvere lasciano che gli eventi evolvano loro, come se fossero già immagini predefinite soltanto da mettere a fuoco. Nonostante il titolo, lasciano poco il segno, al punto che un finale drammatico si trasforma in una pomposa chiusura operistica tanto ruffiana quanto condiscendente.

Quello che riserva il futuro a Lady Gaga è probabilmente un Oscar, ma il film non è all'altezza della sua stella.

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