domenica 22 febbraio 2015

American Sniper


94 - American Sniper (febbraio 2015)




La cronistoria dell'esperienza militare di Chris Kyle, il SEAL sulla cui autobiografia è basato il film di Eastwood, un film che tratta per un'ulteriore occasione il tema della guerra e di come questa cambi chi ne fa parte direttamente, chi la vede da vicino.

Chris Kyle è infatti un semplice e buon cittadino americano del Texas, incarna in pieno i suoi valori patriottici e tradizionali, è generoso e, cresciuto con un sano senso della giustizia dal padre, desideroso di aiutare e proteggere il suo paese.
Nella sua avventura c'è ovviamente il calcolato sacrificio del proprio tempo con la famiglia, la distanza, l'incapacità di evolvere al suo stesso ritmo perché, in sostanza, siccome sono le nostre esperienza a modificarci e a fare di noi quello che siamo, Chris Kyle può dirsi protagonista di una storia che non molti altri sono in grado di raccontare.

Cecchino di precisione di grandissima abilità, capace di grande leadership e sentimento umano, vede i compagni e amici morire e la sua missione si fa più pressante, prioritaria. Inconsapevole portatore di coraggio, è tanto semplice come persona quanto naturalmente motivato a proseguire nel proprio scopo.

Eastwood ce lo racconta con grande empatia, Cooper lo interpreta con grande umanità, ma è una storia di per sé quella cui assistiamo che nasce arida e si evolve in modo ancora più ovvio; nonostante il regista californiano imprima un buon ritmo al suo film, e nonostante superi per qualche momento anche l'imbarazzo della censura mostrando il ben meno ovvio risultato delle atrocità dell'Iraq e della guerra in generale, la rappresentazione che offre è quantomeno parziale, sbilanciata a favore di un senso di giustizia che ci si aspetterebbe appartenesse ad un punto di vista più ampio che non quello, solito, di casa propria.

D'altra parte Eastwood era stato molto attento a cogliere questo particolare nella sua trasposizione di Iwo Jima, e qui pur non volendo minimamente compiere un approfondimento del genere (ovvero sulle motivazioni degli agenti in causa) e rimanendo quindi in parte ingiusto il parallelo, si ha la sensazione pesante di un gigantesco déjà vu narrato per stereotipi in un impianto ancora più archetipico e farraginoso del solito che richiama troppo spesso la struttura del melodramma per strappare a tutti i costi qualche lacrima (non con molta efficacia), piuttosto che graffiare e mettere da parte la morale dell'eroe che non ha, su per giù, alcun tipo di difetto o di sbavatura caratteriale se non quelli che la guerra gli ha lasciato e gli lascerà in eredità una volta smessi i panni del SEAL.

Si tratta in realtà dell'ennesimo, ritrito, furbetto, privo di passione, J'accuse contro la guerra e le sue derive soprattutto sui buoni di cuore e di spirito che la combattono, un compendio di tutto quello che già avevamo visto in film anche piuttosto recenti come The Hurt Locker o Redacted, che almeno spogliavano del tutto il film e il proprio protagonista di tutta quella stucchevole compassione che sarebbe il caso una buona volta di lasciar decidere allo spettatore, sempre che questi ne abbia voglia, anziché imporgliela a tutti i costi.



Scena scelta











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