domenica 28 febbraio 2016

Brooklyn


105 - Brooklyn (febbraio 2016)




Il tema dell'immigrazione torna in auge quest'anno grazie a questo interessantissimo Brooklyn, sceneggiato da Nick Hornby basandosi sul soggetto originale di Colm Tóibín, scrittore irlandese noto per il suo impegno politico e l'interesse nel narrare della storia del proprio paese.

Facciamo conoscenza della sua Eilis Lacey poco prima del suo imbarco per la traversata che dalla piccola cittadina con poche prospettive lavorative di Enniscorthy (Irlanda) la condurrà in America, precisamente a Brooklyn, mèta di molti immigrati di simili origini in quella metà di secolo che ci si svolge sotto gli occhi in questo magnifico ritratto d'epoca, a cavallo fra due mondi profondamente diversi l'uno dall'altro.

Alle ovvie differenze economiche si aggiungono quelle sociali e culturali e sono queste a segnare l'evoluzione di Eilis, che viene a contatto con la multietnicità della ben più moderna e avventurosa New York e diviene il centro di un processo formativo che la mette di fronte soltanto al primo dei dilemmi che la sua giovane età porterà inevitabilmente con sé.
Attraverso i tipici stilemi del romanzo di formazione ed epistolare, Crowley lega alla preminenza interpretativa del messaggio sentimentale diverse riflessioni ben amalgamate dal mestiere di Hornby in uno script che sa catturare l'essenziale istantanea del conflitto fra l'autodeterminazione dell'individuo e le radici che lo rendono un'esperienza dolorosa, proprio all'alba delle profonde trasformazioni culturali che sdoganeranno movimenti come l'emancipazione e il femminismo, nella prioritaria ricerca della felicità oltre i pregiudizi e le rinunce.

Se il tocco del film è in questo senso di quelli estremamente raffinati nel proprio messaggio, lo deve ad una confezionatura esemplare elevata in eccellenza però dall'importanza della recitazione della sua protagonista: tutta quella coltre di silenziosa espressività, di timida dignità convertita in orgoglio e determinazione a seguito di un processo di maturazione che ne segna le decisioni, rendono la prova di Saoirse Ronan semplicemente un dono dal cielo per questo film, così attento a mettere in evidenza la rivoluzione interiore della sua protagonista, ripagato altrettanto generosamente.

Una prova che sorprende fino ad un certo punto per via della crescita professionale sotto gli occhi di tutti dell'attrice già prodigio (fu nominata in ambito Academy a soli 13 anni per Espiazione e recentemente l'abbiamo vista lavorare con Wes Anderson) e che soprattutto può attingere dalla propria realtà biografica alcuni tratti in comune con la sua Eilis (avendo ricevuto anche lei solo incidentalmente natali a New York da genitori irlandesi), cosa che le permette fra l'altro di infondere un deciso realismo nelle intonazioni e nelle cadenze con cui connota l'estrazione del suo personaggio.

Questa mescolanza di accenti rende tra l'altro un servizio fondamentale al film, ne è quasi il carburante in un contesto in cui i dialoghi e i riferimenti all'uso e al costume diventano determinanti per capirne lo sviluppo, il sottotesto si infiamma di significati e dove non arriva l'esplicitazione di una fotografia accurata e il lavoro della messa in scena, a suggerire questi dettagli è proprio la capacità attoriale nel recepire le imbeccate della sceneggiatura: la differenza fra una buona e un'ottima pellicola.

Al suo fianco si muovono (e molto bene) tanti attori di supporto, ognuno fa bene quello che fa ed è tutto talmente ben fatto e senza sbavature (quindi neanche grosse deviazioni) che viene quasi voglia di dimenticarselo; per resistere a questa tentazione basta però ricordare una volta di più che una nuova stella è nata e brilla per tutto il film.

Scena scelta











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