mercoledì 29 febbraio 2012

Frozen River, un punto di contatto


47 - Frozen River (febbraio 2012)



Ray (Melissa Leo) è madre di due figli, ma è anche una donna sola, costretta a trovare il denaro per mandare avanti la famiglia e pagare una nuova casa. Il marito, fervente giocatore d'azzardo, li ha derubati e abbandonati. Alla lunga, i conti da pagare aumentano e le poche soddisfazioni che l'onestà lavorativa le concede la spingono, inconsapevolmente, in una serie di eventi attraverso cui conoscerà Lila, non meno sola e non meno madre di lei, appartenente alla comunità dei Mohawk, e che si guadagna da vivere grazie a quel fiume ghiacciato: il St. Lawrence d'inverno, che delimitando la frontiera fra Canada e lo stato di New York, diventa una strada ai limiti della praticabilità per trasportare clandestini da una parte all'altra.

Le asperità con cui devono entrambe fare i conti sono immediatamente alluse attraverso lo sguardo delle glaciali ed inospitali lande nelle quali questa storia è ambientata; dove lo stesso fiume, nonostante sia simbolo di precarietà, rappresenta anche, nelle rispettive proporzioni, la possibilità per entrambe più concreta di ottenere una parvenza di normalità.
Come è nella natura dualistica delle cose, alla tensione che le accompagna in ogni "attraversamento", per ciò che implica (e che fa di questo film un thriller), si contrappone il legame empatico dettato dall'estrema somiglianza delle due situazioni.

Premiato col Gran Premio della Giuria al Sundance e con due Independent Spirit Awards, questo film prende le mosse dal sottobosco indipendente americano, capace ormai da qualche anno di sfornare in sordina lavori importanti, ognuno improntato al realismo portato alle sue estreme conseguenze per esigenze di fiction ma mirato ad illustrare condizioni spesso lontane dai riflettori del cinema statunitense.
Lo stile visivo-realizzativo è, non solo incidentale, ma direttamente traslato dalla realtà raccontata.
Così il minimalismo sottende la povertà, i grandi spazi inabitati la solitudine e via dicendo; mentre la mente richiama Fargo - archetipo del noir che si serve della sua rappresentazione visiva per raggiungere con essa una simbiosi - la strada ghiacciata unisce due punti sulla cartina, ma contiene anche un significato allegorico in grado di far riflettere sulla comunanza dei bisogni e dei desideri, trascendendo le diversità etniche, linguistiche, culturali.

Un thriller in piena regola, permeato dal dramma dello spaccato di vita che ha ad oggetto. Ha il merito di prendere molto poco e restituire intensità ed onestà allo spettatore.
Melissa Leo, premiata dalla Film Independent come miglior attrice, ricevette molti consensi dalla critica per questa sua interpretazione, nel complesso molto credibile.
Tarantino lo definì il "più emozionante thriller dell'anno".
Di certo offre un punto di vista particolare. E alla luce del rischio, oggi sempre più accentuato, di smarrirsi nel mare magnum della mediocrità che caratterizza certe sceneggiature, è difficile non apprezzare tentativi come questo. Dove "semplice" non diventa sinonimo di "insulso".









Nessun commento:

Posta un commento