sabato 18 febbraio 2017

Hell or High Water

117 - Hell or High Water (febbraio 2017)



Dopo essersi ricongiunti, due fratelli iniziano a rapinare banche di provincia commettendo piccoli furti, per riappropriarsi del ranch di famiglia.
Un Ranger prossimo al pensionamento si mette sulle loro tracce.

L'elettrizzante ambientazione di Hell or High Water è di quelle da far passare inosservata perfino la pur evidentissima e stilosa apertura, con quel long-take e la conseguente panoramica che preannuncia già il tema principale del film.
L'arido e brullo scenario del Texas semidesertico è molto più di un incommensurabile, suggestivo fondale, racchiude idealmente il senso narrativo dell'America della frontiera (come già il Western, di cui questo film è effettivamente un omaggio, o un prosecutore moderno) e dell'America degli Indiani e i Cowboys, come più volte suggerito fra le pieghe della trama.

I tropi classici sono trasformati in funzione dell'evoluzione del tempo e della legge, ma anche della prospettiva: dove prima Indiani assaltavano carovane ora gli "Indiani" cioè nella metafora stringente del film i poveri, gli sconfitti, gli ultimi della società assaltano le banche del Dio capitalista dei pronipoti dei Cowboys, dei Coloni, lo stesso che ha confinato i veri Indiani nelle riserve e negli stereotipici Casino.

Con questa impalcatura che richiama in piccola parte, anche attraverso i toni seppia della fotografia e gli stilemi narrativi il No Country for old men dei fratelli Coen, la storia procede poi sui binari di un Thriller abbastanza classico, ma è un Thriller con una sua morale di fondo, personaggi ben definiti (e ottimamente interpretati), scambi di battute sempre motivati dalla situazione capaci anche di essere penetranti o caustici con poche parole, in cui persino le ricalcature (il Ranger biascicante e caricaturalmente razzista interpretato dal grande Jeff Bridges, piuttosto che l'ex-galeotto che ne sfida l'autorità, ecc.) assumono una loro parte nel gioco adrenalinico dell'azione che è la principale preoccupazione del film.

È in effetti divertente da guardare, le sue immagini non stancano e il montaggio sembra quasi ripudiare il senso iperdinamico dell'Action moderno, rimanendo sempre fedele a una sua idea intima di racconto, di sviluppo verosimile che trova riferimento nella buona capacità di mescolare il cinetismo irrequieto che sottolinea i momenti clou con il senso dell'attesa, dell'approfondimento, della coloratura della storia.

Diventa allora qualcosa di più di un piccolo divertissement, diventa una faccenda personale (e come tale, fatalmente irrisolta) con cui si è chiamati a interagire e a rispondere del fatto che pur essendo un film essenzialmente senza novità, coinvolge e sorprende fino in fondo, come il vero cinema d'intrattenimento non fa più da un pezzo.



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