giovedì 16 febbraio 2017

Loving

115 - Loving (febbraio 2017)



Una coppia interrazziale della Virginia viene condannata a lasciare lo stato dopo il matrimonio, proibito dalle leggi segregazioniste in vigore.
Il film racconta la loro esperienza nei nove anni in cui tentarono di tornare a casa combattendo contro quelle stesse leggi e la loro ingiustizia.

Il film di Nichols è centrato nella sua urgenza storico-sociale, si rende conto dell'importanza della cronaca mentre allo stesso tempo vorrebbe soltanto poter penetrare nelle menti e nei cuori dei suoi due protagonisti; ma vuole evitare a tutti i costi la melassa, la saturazione retorica, le spinte melodrammatiche che sono inevitabilmente dietro l'angolo. Propende quindi per un racconto scarno, ridotto all'essenzialità di ciò che è autoevidente, su cui non serve calcare la mano: la sua regia è ferma e invisibile, la sua illuminazione precisa e allusiva nelle placide istantanee del naturalismo della fotografia; gli sguardi persi nel vuoto e la spontaneità espressiva dei suoi attori, specialmente nel ritratto della bontà pura e ingenua di Ruth Negga, lo aiutano in questo, nel rendere con grazia il passaggio che consacra quel lungo incedere.

Nichols trova qui elementi di continuità con il suo Cinema (anche in Take Shelter l'idea di un riparo, di una casa, era al centro di una storia di Pater Familias e di marginalità sociale) e come al solito insinua attraverso il montaggio o la recitazione anziché scavare nell'indignazione noiosa della storia, come se questa dovesse prorompere lentamente nei simbiotici ritmi compassati del film da un circuito psicologico inesorabile.

La precisione non serve a uno scopo più passionale (come in Todd Haynes, ad esempio) ma a confinare entro limiti più certi un furore contenuto, dignitoso, e tuttavia tenace. La dilatazione del tempo che lo pervade, attraverso i silenzi esasperati e le giustapposizioni di montaggio che spezzano la narrazione, diventa dunque essa stessa il racconto di un film orchestrato intorno ad un un tempus fugit logorante che si colora in parti uguali del dramma sociale a sfondo storico e del civil right movie, ancora così rilevante in senso Hollywoodiano specie nell'atto conclusivo della vicenda (tanto da attirare con una certa confezionatura di maniera qualche considerazione agli imminenti Oscar).

La piattezza della sceneggiatura di per sé non rappresenta per Nichols un appiglio particolarmente facile da cui trarre qualcosa di completamente personale come è il suo cinema, e per essere un film che appartiene per elezione ad un genere tra i più narrativi e didascalici, questo lo limita un po' nel risultato finale; tuttavia il regista, con il suo stile asciutto, nella sua direzione sottrattiva degli attori che ha a disposizione, nella sensibilità di racconto mette del proprio in un lavoro che risuona di un'atmosfera umana, piena di calore, e che sa anche essere provocatorio (come nel cross-cutting che racchiude con la sua struttura la tappa obbligata del finale); le parole non sono mai soddisfacenti quanto le suggestioni evocate dall'intimità delle immagini e quasi mai servono alla pace dei sensi.

I lavori di Nichols sono irrimediabilmente accomunati da un fascio di domande che continueranno a risuonare nella vostra mente anche finito il film, sia che attingano ad un immaginario onirico e fantastico sia che richiamino l'attribuzione di un senso di giustizia: i suoi due protagonisti sono due persone a cui, nella loro età migliore, è stato negato di essere se stessi e di esserlo nella propria casa; condannati a fuggire dalla propria identità, di coppia e di persone, a inseguire un senso d'appartenenza.
Il film con la sua struttura cristallizzante, sembra congelare e anestetizzare persino l'Amore (il Loving che ironicamente coincide con il cognome dei due coniugi), come se fosse momentaneamente inaccessibile, impraticabile.

Nonostante i trascorsi (che quasi passano in secondo piano, nell'economia del film) i Loving erano solo due persone semplici che volevano qualcosa di semplice, e a cui non interessava passare per attivisti, pionieri; nessuno dei loro atti ha una desinenza politica, o polemica. La loro tragedia personale quindi è solo umana, il film che la racconta sceglie questa unica via per provare a cominciare a capire.
È in fondo tutto quello che è concesso fare.




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