venerdì 24 febbraio 2017

Manchester by the sea

122 - Manchester by the sea (febbraio 2017)



Lee Chandler è un idraulico che vive a Boston una vita riservata e monotona, finché non riceve la notizia che il fratello è morto. Si dirige così a Manchester by the sea, dove si prende cura del nipote rimasto orfano e sulle cui acque amavano andare in barca.

Nel tipico stile asciutto del regno del cinema indipendente, Lonergan crea come un mosaico, o per meglio dire un puzzle, per mostrare la frammentarietà psicologica ed emotiva dei suoi personaggi; lo fa con un'enfasi praticamente assente, quello che gli interessa davvero è la reazione più umana, l'essenza più corporea del dolore soffocato, represso, o semplicemente messo in un angolo.

Lonergan non rinuncia ad una visione complessiva, naturalistica e quanto più oggettiva possibile, e per questo nella sua opera coesistono complessamente sia dramma che un umorismo quasi campy, ma diversamente da quanto farebbe ad esempio Payne, non è per sdrammatizzare (e quindi in fondo ricollegare tutto all'impellenza del superamento della sofferenza come schema principale), ma come per assicurarsi che ogni momento abbia la sua dose di "giustizia", che ogni piccolo pezzettino restituisca in proporzione ciò che preleva in parti uguali dalle interpretazioni dei suoi attori, dalla trasparente sincerità della sceneggiatura.

Si ha quasi l'impressione di avere assistito ad una cronaca, a un documentario, a una ricomposizione, e in parte è tecnicamente vero - vista la funzione strutturale del montaggio - ma è soprattutto perché il regista cerca di capire i suoi personaggi, di comprenderne le reazioni, gli schemi ossessivi, le scene di imbarazzo, i lunghi silenzi; anche quando cerca di essere divertente lo è moderatamente, come se non ci provasse davvero: non gli interessa sviare l'attenzione da qualcosa, ma neanche concentrarsi su quel qualcosa.
Per questo il sottofondo sempre presente, anche se a volte impercettibile, dell'espiazione e dell'elaborazione non ha facile sfogo e dona un tocco così insolito, così personale ai toni del film.

La sceneggiatura, con i suoi continui salti avanti e indietro, la sua continua intromissione in un pezzo da qualche parte della storia (come se ogni scena fosse lo schizzo di un disegno incompleto) è la cosa più stimolante del film, permette a Lonergan di costringere chi guarda a collegare i pezzi e a riconsiderare quello che avremmo pensato di un personaggio un momento prima.

La freddezza di questo suo peculiare montaggio rende sempre viva l'azione del film: anche se non succede praticamente niente si ha sempre la sensazione che la storia evolva, ma non è tanto per dimostrare un cambiamento nei personaggi, o nelle loro azioni in particolare (ovvero per venire al nodo di una storia), quanto per avvicinare lo spettatore ai suoi personaggi, al suddetto stato frammentato; perché Lonergan, che qui è regista ma è soprattutto, intrinsecamente, uno sceneggiatore, nutre indubbiamente più interesse per i suoi personaggi, per quello che sentono, piuttosto che per l'idea di un racconto in sé; la storia è accessoria ai personaggi, non viceversa.

Ed è forse proprio qui che in un certo senso esagera nel riempire il suo film di "spezzoni", nell'ampiezza della divagazione, tanto che forse si perde un po' il senso d'insieme - Manchester by the sea può essere un film sull'espiazione, su una tragedia familiare, ma anche sulla solitudine umana, sulla nostalgia dell'infanzia, sui rapporti paterni e fraterni, come anche sull'infantilismo e sull'inadeguatezza: in certi momenti questa sua indeterminatezza è difficile da far digerire alle ambizioni intimiste e atonali di Lonergan.

Dalla sua parte ha un ottimo cast di attori completamente asserviti alle sue idee, Affleck con la sua interpretazione minimalista rappresenta una salda spalla su cui puntare (e mai smuovere) la macchina da presa; il suo Lee non è lo "strong and silent type" e non è neanche un "mumblecorer"... è il ritratto di una perdizione che scende a patti con una asfittica realtà, non si trincera dietro il silenzio per dimostrare la sua forza ma è in effetti tutto il contrario. È anche in questo, nella sua silenziosa prova di umanità, che sta il segreto di un ottimo film che nasconde nel suo cuore molto più di quanto forse non riesca a rappresentare.


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