venerdì 15 febbraio 2013

Affleck alle prese con il dramma storico: Argo


59 - Argo (febbraio 2013)




In seguito alla decisione degli Stati Uniti di dare rifugio al deposto Scià d'Iran, autore di barbari eccidi, rivoluzionari Islamici assaltano l'ambasciata Americana a Teheran, prendendo in ostaggio l'intero staff ad eccezione di sei di loro, che riescono a fuggire tempestivamente senza essere notati e a trovare riparo nell'abitazione dell'Ambasciatore Canadese.
Mentre la principale operazione di salvataggio è sotto agli occhi del mondo intero, viene tenuta segreta quella dell'esfiltrazione, condotta sottotraccia dallo specialista CIA Tony Mendez, il quale ha l'idea di portarli in salvo fingendo una produzione di un film di fantascienza: Argo.

Ai sei vengono date identità false e parti da recitare. L'operazione rimarrà in bilico (ed in pericolo) fino all'ultimo momento non solo per i problemi a superare la sicurezza Iraniana, ma anche a causa dei problemi da parte del Governo Americano a manifestare un suo coinvolgimento nella vicenda.

Come è noto infatti, il cosiddetto Canadian Caper, i cui avvenimenti cerca di trasporre sul grande schermo Ben Affleck, si concluse con la liberazione dei sei fuggitivi, ma di fatto il merito fu ascritto al paese Canadese e al suo ambasciatore.
Al suo ritorno, Mendez ottenne l'Intelligence Star ma a causa dei dettagli secretati non fu un riconoscimento effettivo.

Affleck parla della crisi degli ostaggi del 1979 ma in realtà ci vuole raccontare la storia di Tony Mendez (da lui stesso impersonato), il suo "Schindler": Mendez rappresenta l'eroe fatto di carne ed ossa del suo film, colui che escogita un piano tanto assurdo e complicato quanto sorprendentemente efficace, che chiedendo ai sei fuggitivi di affidare la loro vita nelle sue mani restituisce il servizio, che dopo l'annullamento dell'operazione mette la sua responsabilità prima degli ordini; colui cui, dopo essere riuscito in un'impresa memorabile, non sarà nemmeno concesso di raccontarlo alla propria famiglia.

Prodotto assieme al grande amico George Clooney e successivo a "Gone baby gone" ed al più recente e ottimo "The Town", questo Argo denota per Affleck ormai una certa maturità registica ed una dimestichezza dietro alla macchina da presa che è quantificabile nella buona gestione dei ritmi e delle tematiche di un film tutt'altro che facile, da raccontare anzitutto, sia per le implicazioni politico-storiche sia soprattutto per il controllo su una sceneggiatura (di Chris Terrio, candidato) che sta in piedi grazie al delicato contemperamento di tutte le prospettive in causa.

Il regista appartiene ad una nuova scuola americana di fare cinema, non teme di evidenziare le responsabilità di ciò che fu né di lanciare stilettate a chi agendo nell'ombra scarica il peso dei propri errori su uomini come il suo protagonista; al contempo usa proprio il cinema come più generale strumento di irrisione di quel tipo di realtà scenica ed affettata individuabile nel ritratto della Hollywood sprecona e priva di serietà, un'industria che continua imperterrita a girare i suoi film da quattro soldi immersa nella propria luce a tal punto da perdere contatto con ciò che più seriamente accade nel resto del mondo.

Affleck non si risparmia né la critica beffarda più generale alla cultura pluricontraddittoria del suo paese, né sottolineature autoironiche ("perfino una scimmia impara a fare il regista in un giorno") prese come pure boccate d'ossigeno all'interno di un quadro drammaticamente serio.
È come se per un attimo fosse la sua "americanità" a voler emergere e dilagare, nei dialoghi, nelle gag, nella volgarità di un momento: ma non è superficialità, è solo l'esorcizzazione di una paura profonda che risiede nell'inevitabile distanza ideologica e che sfocia nell'impossibilità del dialogo e della convivenza pacifica.

Mentre il mondo reale individua infinite vie per autodistruggersi, l'arte, e nello specifico il cinema, trova ancora una volta il modo di insegnare quest'ennesima lezione.
E per farlo questa volta non deve neanche fingere.

Cast pazzesco. Basti ricordare i soli nomi di John Goodman, Alan Arkin (ancora una volta in nomination, dopo la vittoria per Little Miss Sunshine), Bryan Cranston e Victor Garber, attori grandiosi che definire caratteristi è pur sempre limitativo, per concepire come ogni piccolo dettaglio funzioni all'interno di un ottimo film.
Impossibile non riconoscere in questa pellicola uno dei migliori lavori dell'anno, anche se alcune incongruenze con la verità storica hanno acceso qualche polemica.

Non fosse che l'intento non è mai stato realizzare un documentario, bensì girare un film ispirato a quel grande sentimento di giustizia fraterna che Affleck riassume nei crediti finali del suo Argo, e che è cristallizzato nel riconoscimento del valore di quelle persone, a qualunque paese appartenessero, che rischiarono tutto senza avere nessun altro fine se non quello di comportarsi come esseri umani.




Scena scelta










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