giovedì 14 febbraio 2013

Fra romanzo di formazione e narrativa favolistica


58 - Vita di Pi (febbraio 2013)




Da un evento come la singolarissima scelta del suo nome - Piscine Molitor (il nome di una piscina francese) - ha inizio emblematicamente il curioso destino di Pi, diminutivo per la cui storpiatura viene schernito a scuola; ragazzo inquieto in cerca di risposte, diviso fra razionale ed irrazionale, legato alla famiglia della quale però rifiuta i suggerimenti, alla ricerca di una strada tutta personale indirizzata alla comprensione del proprio rapporto con Dio.

Pi è diverso, lontano dal razionalismo del padre ma anche dalla struttura dogmatica che si riconosce nella sua stessa educazione religiosa: cresciuto come un Indù, si avvicina ad altri culti che fa suoi all'interno in una più ampia concezione sincretica; guidato, e non accecato, dalle numerose porte che il mondo gli para davanti.
Attratto da ciò che non si può spiegare in assenza di spiegazioni.

E' proprio su questo versante che si gioca l'idea del film. Il fatto stesso che Pi esca dall'equivoco legato al suo nome rifacendosi al Pi Greco, numero irrazionale è un eloquente e prepotente segnale di una ribellione interiore rivolta a ciò che il mondo vuole che egli sia, e nonostante l'apparente incompatibilità della sua natura ingenua ed idealistica con la vita reale (la scena del primo incontro con la tigre) è proprio quest'ultima a salvargli la vita.

Con il padre costretto a vendere lo zoo di cui è proprietario, si imbarca verso il Canada con la famiglia ed alcuni degli animali. Non arriverà mai a destinazione per via di un naufragio che lo porta a vagare per le distese oceaniche su una scialuppa in compagnia solo di una zebra, una iena, un orango e una tigre.
Qui duramente provato dalla fame, dalla solitudine e dalla difficile coesistenza con la tigre, ha inizio quello che Ang Lee trasforma in un racconto apologico fra il fantastico e l'evanescente, lo spartiacque di qualcosa di non meglio precisato.

Attraverso gli avvenimenti cui è difficile francamente accordare credibilità, enfatizzate dalle spettacolari scene onirico-avventurose del suo protagonista, si realizza il bivio (alla fine di una preparazione a dire il vero piuttosto lunga, troppo) verso cui il regista Taiwanese vuole tendere, in una sorta sì di insegnamento, ma che lasci libero lo spettatore di fare proprio quello più coerente alla propria impostazione filosofica.

Non è lecito dire di più per non compromettere l'effetto, ma il film finisce per ottenere un riscatto più che parziale da quello che è un "corpo" della pellicola torbido ed eccessivamente confusionario, per quanto tenti di anestetizzare questa sensazione con un'imponente resa visiva fra effetti speciali, computer graphic e 3D e di intervallare i dilemmi morali con gli elementi più classici del genere d'avventura e di formazione.

Sì perché ancora una volta ritroviamo il tema del passaggio verso l'età adulta, qui corroborata dal trauma intimo del tradimento delle proprie convinzioni, con l'esperienza che diviene scoperta di se stessi, anche del lato più feroce ed animale, anche di ciò che può emergere solo quando viene messo alla prova.

Fin dove ci si può spingere partendo dalla convinzione che non si possiede la forza per accettare le conseguenze dell'inevitabile?
Qual è la storia di noi stessi che preferiamo, quella trasognata e velata di poesia (quella di Pi, "quella di Dio") o quella che rifugge con fierezza il riparo di qualunque dubbio?
Allo spettatore il compito di comprendere, conscio che l'esito non potrà modificarsi.

Ben 11 le nomination all'Oscar 2013 (una vera esagerazione). Per lo più premi tecnici, ed in effetti a dire il vero si tratta di un film al di là di tutto fatto benissimo.
Fra il resto, fotografia stupenda e una colonna sonora che è tra le migliori di quest'anno da parte di Mychael Danna (già autore, per esempio, per Litte Miss Sunshine).
La sensazione è che sarà proprio fra questi ultimi che il film di A. Lee otterrà i giusti riconoscimenti, anche perché per quanto la si possa rigirare e nonostante l'indubbio credito di cui A. Lee gode da parte dell'Academy, non sembra essere esattamente la cosa più riuscita della sua carriera.




Scena scelta









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